mercoledì 24 dicembre 2008

DUE PASSI AVANTI E UN SALTO INDIETRO

Due reintegri ed un nuovo licenziamento

Il 25 novembre il Tribunale di Melfi ha accolto il ricorso di Ferrentino contro il primo pronunciamento della procedura di urgenza e ne ha disposto l’immediato reintegro.
Il 3 dicembre analogo provvedimento è stato emanato sempre dal tribunale di Melfi nei confronti di Donato Auria.
Due passaggi importanti, in cui, anche se in via provvisoria, in attesa del giudizio di merito, la magistratura si è espressa a favore dei due operai licenziati.
Sembrava che la situazione finalmente volgesse al meglio, ma ecco che tutto si è complicato di nuovo.
I giudici del Tribunale di Melfi non hanno fatto in tempo a dichiarare l’illegittimità del licenziamento di Francesco Ferrentino e ordinare il reintegro del delegato RSU nel posto di lavoro, che con una lettera ricevuta il 19 dicembre 2008 per Ferrentino è scattato un altro licenziamento.
Il delegato RSU della FLMUniti-CUB era stato licenziato dalla Fiat perché era stato accusato di aver distribuito un volantino contenente dichiarazioni diffamatorie nei confronti di un capo.
Il realtà con il volantino si proclamava sciopero contro i forsennati ritmi di lavoro e si denunciava l’atteggiamento di un capo nei confronti di un rappresentante dei lavoratori peraltro di un’altra Organizzazione Sindacale.
Il Tribunale di Melfi nella sentenza ha evidenziato “che nel volantino contestato non è ravvisabile alcun contenuto offensivo e/o diffamatorio, o quanto meno così gravemente offensivo e/o diffamatorio da giustificare l’irrogazione della massima sanzione disciplinare”.
Nonostante, quindi, i giudici di Melfi abbiano fissato che la sanzione espulsiva irrogata nei confronti di Ferrentino appare obiettivamente sproporzionata rispetto al fatto oggetto di addebito, la Fiat gli ha fatto arrivare un nuovo licenziamento come pacco regalo sotto le feste.
Le contestazioni rivolte stavolta a Ferrentino sono sempre riconducibili allo stesso episodio, cioè alla presunta diffamazione del capo. Questa volta però la Fiat non si riferisce più direttamente al volantino, ma alle dichiarazioni rilasciate dal Ferrentino stesso al giudice durante lo svolgimento del primo livello del processo di urgenza contro il licenziamento. Non solo la Fiat si sostituisce ai giudici, asserendo che queste dichiarazioni sono mendaci, ma accusa Ferrentino di averle fatte per spingere i giudici ad un pronunciamento contro il proprio datore di lavoro. In realtà lo stesso Ferrentino, oltre a fare le sue dichiarazioni, ha chiesto al giudice di ascoltare una serie di testimoni, pronti a confermare quanto da lui dichiarato. Cosa che il giudice non ha fatto, ritenendolo evidentemente superfluo per la sua decisione, che è stata, fra l’altro, a questo primo livello di giudizio, sfavorevole a Ferrentino. Sfavorevole, si badi bene, non perché, per il giudice, Ferrentino avesse detto il falso, ma perché, come si legge nella prima sentenza, unicamente non esisterebbero per Ferrentino le condizioni di pericolo grave ed irreparabile, tali da imporre l’annullamento in via provvisoria del licenziamento. Nulla in questo caso è stato detto dal giudice in merito all’illegittimità o meno del licenziamento. Diversamente è andata per la sentenza sul successivo ricorso presentato da Ferrentino contro questa prima sentenza. Il collegio di giudici chiamato ad esprimersi non solo ha ritenuto che esistesse una situazione di pericolo grave, ma ha anche espresso un suo preciso giudizio sull’illegittimità del licenziamento. Del resto, come può la Fiat sostenere con tanta sicurezza che le dichiarazioni di Ferrentino sono false, al punto da decretarne il licenziamento? E’ in corso un procedimento penale per diffamazione, intentato contro Ferrentino non direttamente dalla Fiat, ma dallo stesso capo criticato nel volantino. E’ in quella sede che speriamo si possa finalmente appurare la verità dei fatti, giungendo alla completa assoluzione di Ferrentino. Leggiamo in questi giorni sui giornali di tanti politici e amministratori incriminati sulla base anche di intercettazioni telefoniche. Per tutti, però, leggiamo che non si può parlare di colpevolezza prima della pronuncia dei giudici. Perché mai questo discorso vale per i politici e non per gli operai? La Fiat invece ragiona diversamente e tende a sostituirsi completamente ai giudici. Due operai (un terzo coinvolto nell’inchiesta è dipendente della CEVA Logistics) ricevono un avviso di garanzia nell’ambito di un’inchiesta contro presunte attività terroristiche e vengono immediatamente licenziati. Lo stesso giudice dopo pochi giorni stabilisce la loro completa estraneità ad ogni accusa ed ottiene l’archiviazione del procedimento, ma la Fiat insiste nel licenziamento. Un capo si ritiene diffamato da un volantino e la Fiat licenzia il “colpevole” senza aspettare il giudizio della magistratura. Arriva addirittura a licenziarlo di nuovo per le dichiarazioni che l’operaio ha fatto ai giudici sull’episodio incriminato, senza che nessun giudice abbia formalmente dichiarato che esse non corrispondono al vero.
Per la Fiat basta un telegramma, una letterina per licenziare e continuare a tenere fuori gli operai dalla fabbrica come Ferrentino.
Gli operai come Ferrentino, invece, per cercare di ritornare in fabbrica a lavorare sulla linea, devono rimettersi in fila presso i tribunali e sperare che una volta raggiunta una nuova sentenza in proprio favore non arrivi un’altra letterina di licenziamento.
Non c’è da scandalizzarsi, dobbiamo solo prendere coscienza che viviamo in un paese dove i padroni fanno quello che vogliono e che solo l’unità di tutti gli operai può dare con la forza dello sciopero la risposta adeguata.
Ferrentino è caduto in depressione dopo il licenziamento e la Fiat ne è a conoscenza ma l’ha licenziato lo stesso. Questa è la realtà con cui gli operai come Ferrentino devono fare i conti sulla propria pelle.

1 commento:

Anonimo ha detto...

il sindacato difronte a episodi verificatisi come quelli letti nell'articolo cosa fa?
I lavoratori quando hanno ragione vanno difesi, il sindacato deve difendere i diritti è la dignità dei lavoratori senza distinzione della tessera sindacale,se non lo fa è compromesso. Le azioni di lotta vanno fatte a maggioranza, uniti si vince,un capetto si sente offeso, l'azienda licenzia il lavoratore questa è dittatura.
Da quel che ho letto, per la Fiat l'unico provvedimento disciplinare da adottare è il licenziamento.
Al sindacato non mancano i modi e mezzi per farsi rispettare, altrimenti i sindacalisti devono cambiare mestiere.