Il 14 Marzo 2008 l’ennesimo infortunio alla Fiat di Melfi, ha rovinato fisicamente un operaio di 41 anni.
Un operaio, Gianfranco, che per poco ha rischiato di lasciare la pelle, la moglie e un figlio piccolo.
Per fortuna si è salvato grazie alla prontezza dei compagni di lavoro, che hanno bloccato la linea.
Nonostante ciò è stato “sottoposto ad un delicato intervento chirurgico per la ricostruzione del polpaccio dell’arto destro e del nervo sciatico di quello sinistro”.
L’infortunio è avvenuto in un’area dove l’operaio era stato mandato dall’azienda in “prestito” per il primo giorno cioè in sostituzione di un altro operaio.
Gianfranco prima di svolgere la nuova mansione aveva l’elementare diritto di essere informato dei rischi inerenti alla nuova mansione e alla postazione di lavoro.
Inoltre gli doveva essere fatto l’addestramento adeguato.
Per come vanno le cose in fabbrica, per le esigenze del padrone è poco probabile che sia stato fatto tutto ciò.
L’operaio ha subito un danno fisico grave che si porterà dietro per tutta la vita e che si poteva evitare.
E’ avvenuto tutto in pochi secondi, in un varco tecnico dove agli operai non dovrebbe essere possibile accedere se ci fossero barriere adeguate e dove grazie alle previste fotocellule, dovrebbero scattare i dispositivi di sicurezza relativi al blocco della linea e delle vetture in movimento, che non sono scattati.
Quando succedono cose di questo genere le aziende tendono a scaricare le responsabilità agli operai che a loro dire non rispettano le norme di sicurezza.
Come se gli operai fossero masochisti.
C’era lo spazio e il tempo sufficiente per poter effettuare le operazioni di lavoro senza travalicare nel varco tecnico da parte di un operaio “in prestito e alle prime armi” in una nuova postazione di lavoro?
Gli operai, subiscono sempre più infortuni perché il tempo loro concesso dai padroni è sempre più ristretto e molte volte non hanno neanche il tempo di guardare intorno per rendersi conto dove sono.
Invece i padroni “se ne inventano una più del diavolo” e mentendo “sapendo di mentire”, continuano a dire che non è colpa loro se gli operai si infortunano e muoiono sul lavoro.
Sono tante le volte che gli strumenti di protezione prima vengono applicati nelle fabbriche per ricevere finanziamenti pubblici, poi eliminati se questi non sono compatibili con le esigenze aziendali.
I padroni parlano di formazione, poi anche l’elementare informazione per la prevenzione degli infortuni diventa un qualcosa che deve risultare fatta solo sulla carta, per evitare multe.
E gli ispettori del lavoro quando fanno i controlli in buona fede molte volte vengono veramente presi in giro.
Quello che è successo il 14 alla Fiat di Melfi è un incidente che era stato già annunciato.
Circa un anno fa il delegato Ferrentino aveva fatto presente a dei responsabili aziendali che c’erano dei problemi in quell’area.
Un avviso come tanti da parte del delegato. Un diniego come tanti da parte dei responsabili aziendali.
Se fosse per gli operai questi responsabili aziendali sarebbero immediatamente assegnati al lavoro sulle linee.
Invece sono gli operai che non piegano la testa e scioperano come Ferrentino che vengono licenziati perché denunciano tramite volantini comportamento vessatori e antisindacali di capi e capetti, sotto gli occhi di tanti personaggi che fanno finta di niente. Gli stessi personaggi che “con il sudore degli operai si siedono in tavola esattamente come i padroni ” e al momento giusto anche quando un operaio subisce un infortunio o muore sul lavoro cercano in ogni modo di parare il culo all’azienda.
martedì 18 marzo 2008
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3 commenti:
caro donato,
scopro solo oggi il tuo blog, (casualmente mentre ero in cerca di un contatto con l'ufficio personale della SATA di Melfi)e così non ho potuto ignorare quello che fino ad oggi hai scritto.
Ho letto della tua brutta, nonchè assurda esperienza del licenziamento, anche se vedendola con ottimismo puoi pensare al fatto che ora non sei più sfruttato mentre la tua vita non è più continuamente a rischio come lo è stata per il compagno Gianfranco. D'altronde io penso che il tuo licenziamento, come quello di altri operai "pericolosi", abbia solo anticipato le sorti a cui fra qualche anno saranno destinati tutti gli operai Sata Di melfi! dunque meglio esser disoccupati a 40 anni che a 55...quella fabbrica è destinata a ridurre sempre più la produzione, a meno che non riesca ad inventarsi qualcosa come la "grande punto" che la faccia rivalutare sul mercato automobilistico, dunque provvederà con il graduale licenziamento degli operai a partire da quelli scomodi e a finire con i vassalli dell'azienda.
Spero tu abbia trovato/possa trovare un'occupazione migliore di quella passata. Mi entusiasma il fatto che ci siano ancora lavoratori come te che abbiano il coraggio di parlare, denunciare, nonostante questo possa compromettere lo stesso posto di lavoro ( e questa è la cosa più grave, il non poter far valere i propri diritti), e mi auguro che molti prendano esempio da questo atteggiamento che incontra solidarietà da parte di altre istituzioni (partiti, sindacati, università ecc.).
Forse io posso solo immaginare la tua situazione, ma ti assicuro che tanta gente non è indifferente a questi eventi e che a suo modo può contribuire a farli conoscere e denunciare pubblicamente.
Avrei dovuto farlo all'inizio, ma il desiderio impellente di dire la mia mi ha fatto dimenticare di presentarmi: studio antropologia dell'univ. di siena, ho preso a cuore la questione Sata di melfi (vengo dalla provincia di pz), e sto cercando di entrare a lavorare come interinale in fabbrica,(essendo il modo più diretto per conoscere la vera reltà di Melfi)dunque se riuscissi darmi una mano in questo te ne sarei grata! e chissà, magari scrivendo sulla mia esperienza in fabbrica potrei anch'io contribuire a far conoscere quelle condizioni ad alcune autorità, perchè sapere è potere!
un saluto
elena
Ho messo il vostro blog in evidenza sul mio profilo. fernanda.zanier libero blog. Date in occhiata, inoltre vi segnalo il Blog sempre con Libero di : Archimede39, tratta tutte le leggi anti-infortunio e notizie sulle morti operaie.
ribadisco, a volte essere licenziati non è negativo, soprattutto se si lavora in condizioni che mettono continuamente a repentaglio la propria vita. Esprimo la mia solidarietà a quanti conoscevano ed erano in qualche modo legati all'operaio deceduto di Cerignola (pur se capo reparto non credo faccia differenza, john Donne scriveva: non chiederti mai per chi suona la campana!
elena
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