domenica 23 dicembre 2007

Da Il Manifesto del 20/12/2007


intervento
Gli operai di Melfi non hanno il medico
Ulderico Pesce*
Per come è concepito il lavoro nel mondo industrializzato il padrone, chiunque esso sia, fa sentire sempre il FIATo sul collo all'operaio e spesso a FIATare sull'operaio è direttamente la morte. E'accaduto l'altro ieri alla Fiat di Melfi dove è morto Luigi Simeone, di 57 anni, operaio manutentore di una ditta esterna, morto schiacciato dalla macchina che stava pulendo. Una diecina di giorni fa è morto Paolino Scaccia alla Fiat di Cassino, schiacciato dal tir che stava riparando.Nella fabbrica di Melfi, costruita con logiche giapponesi, modello di «sicurezza», c'è una spia che ci fa capire che la sicurezza degli operai non è tra i primi pensieri del padrone e che l'incidente e la morte fanno parte del gioco: «Manca un medico nel turno di lavoro notturno». Ebbene sì, 5.300 operai non hanno l'assistenza medica notturna in fabbrica a cui rivolgersi nel caso di malessere o incidente. E' una vergogna tutta italiana che si consuma nell'indifferenza generale. Sul sito www.uldericopesce.com raccolgo firme affinché questa battaglia di civiltà venga vinta e porto in giro per l'Italia lo spettacolo «FIATo sul collo: i 21 giorni di lotta di Melfi», dove racconto la vittoria degli operai di Melfi nel 2004, caricati dalla polizia ma vittoriosi. Gli operai chiedevano l'equiparazione salariale, visto che là guadagnavano il 10% in meno rispetto agli altri operai Fiat d'Italia, chiedevano la cancellazione della doppia battuta, dodici turni di lavoro notturno per contratto, logica produttiva massacrante, e chiedevano infine la cancellazione di 5000 provvedimenti disciplinari emanati dall'azienda negli ultimi due anni. E' una battaglia vinta dagli operai di cui, purtroppo, si è smarrita la memoria, ed è un peccato per tutta la società italiana ma soprattutto per la sinistra e la Cgil che quella vittoria dovrebbero mantenere nel proprio dna. Dovrebbero fare come ha fatto la Fiat che ha saputo mantenere nella memoria della società italiana il fallimento dello sciopero degli anni Ottanta a Torino, quando gli operai protestarono contro il licenziamento di 14.500 operai. La Fiat nel suo dna mantiene quella vittoria che fa ripetere a tutti: «Contro la Fiat non si sciopera». Ho intervistato molti operai dello stabilimento di Melfi per scrivere il testo che porto in scena e ho visto un grande patrimonio di idee e di lotte, di dolore e sopportazione, di voglia di riscatto e capacità organizzativa, che la sinistra e il sindacato devono tenere come modello invece di lasciare nel dimenticatoio. Se dimentichiamo addirittura le battaglie vinte, se molliamo la guardia, il padrone riattacca, come dimostra la mancanza del medico notturno alla Fiat di Melfi e come dimostra il licenziamento di quattro operai, avvenuto qualche settimana fa, perché sospettati di «attività terroristica». Che la magistratura indaghi su questi operai che, per la cronaca, distribuivano volantini davanti alla fabbrica; ma l'ingiustizia di licenziarli prima della conclusione delle indagini e prima della sentenza deve far pensare. In Parlamento abbiamo gli indagati e i condannati che fanno le leggi e nessuno li caccia, e quattro operai indagati vengono licenziati e gettati sulla strada con le loro famiglie nell'indifferenza generale. Questo è triste. Questo getta una luce inquietante sull'Italia di oggi, questo fa capire che la sinistra italiana (tutta intrappolata nella discussione sui simboli, sui ruoli, sulle poltrone), ha perso terreno. I 1.300 operai morti ogni anno lavorando e le loro famiglie hanno bisogno di risposte concrete.Sinistra italiana, noi altri abbiamo ancora un po' di pazienza, poca poca, rialza la guardia e ripartiamo uniti, sereni, fiduciosi e agguerriti dalla frase di Giuseppe Di Vittorio, altro grande dirigente dimenticato: «Le conquiste non sono mai per sempre».
* artista

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