martedì 1 aprile 2008

UN ALTRO OPERAIO MORTO ALLA FIAT DI MELFI

A Melfi dopo i licenziamenti repressivi attuati dalla Fiat, tesi a sottomettere la maggior parte degli operai e a liberarsi degli operai che alzavano la testa, non solo sono aumentati gli infortuni, ma sono morti degli operai.
In fabbrica mentre i soliti elementi affermano che l’aumento degli infortuni e le morti “sono un caso” e “che non c’è una fabbrica sicura al 100%” , molti operai sostengono che da quando sono scattati i licenziamenti, in fabbrica “non si capisce più niente e il padrone fa quello che vuole”.
La Fiat, dicono molti operai, dopo essersi liberato di chi organizzava gli scioperi e la resistenza in fabbrica allo sfruttamento, con il silenzio-assenso dei sindacati filopadronali, ha imposto l’aumento dei ritmi di lavoro e la nuova metrica OCRA con estrema facilità.
Non sono però bastate le complicità e non ci è voluto molto tempo per incominciare a vedere i primi effetti: un operaio morto a dicembre 2007, il 6 marzo 2008 presso la UTE n. 11 solo la prontezza degli operai ha evitato il peggio, il 14 Marzo un altro operaio ha subito un infortunio grave,
il 26 Marzo un altro operaio, di 43 anni, Domenico Monopoli è morto in seguito alle ferite riportate per una caduta da un soppalco, avvenuta mentre stava effettuando il turno di notte nel reparto Verniciatura alla Fiat di Melfi.
Il giovane operaio caduto da un’altezza di circa 6 metri poiché lavorava sul turno di notte non ha avuto neanche la possibilità di ricevere il soccorso immediato del medico che non è presente sul turno di notte.
Al di là delle chiacchiere, anche il medico è un costo, di cui si può fare a meno quando la pelle da salvaguardare è quella degli operai.
Molti di fronte alla morte del giovane operaio sono simbolicamente intervenuti.
Il presidente della regione De Filippo ha dichiarato che “la Regione è impegnata a rendere immediatamente operativo l’Osservatorio regionale degli infortuni e delle malattie professionali per contrastare il fenomeno delle “morti bianche” e per assicurare migliori condizioni di lavoro nei cantieri e nelle fabbriche”.
L’ennesimo carrozzone che una volta messo in piedi servirà solo a imbarcare altri nullafacenti che saranno mantenuti dagli operai che continueranno ad essere sfruttati e a morire sul lavoro.
I partiti di opposizione in regione chiedono la stessa cosa magari “lo stesso mezzo con qualche posto in più”.
I sindacati filopadronali, quando muore un operaio, piagnucolano, esprimono cordoglio, qualche comunicato stampa, fanno qualche sciopero simbolico, ma non si mettono effettivamente contro la Fiat che continua ad approfittarne.
Il presidente di confindustria Basilicata, Attilio Martorano conferma che “siamo tutti pienamente consapevoli delle responsabilità dirette e indirette che ricadono sulle spalle dell’imprenditore nel porre in essere ogni possibile azione utile a preservare la vita e la salute dei nostri collaboratori”.
Gli operai “cadono nel vuoto” come è successo a Domenico e lasciano la pelle, i padroni al massimo rischiano di “cadere nel vuoto” delle parole e non rischiano niente.
Nessuno, infatti, ha il coraggio di denunciare un fatto inconfutabile ed evidente: il nesso che esiste fra i licenziamenti politici, l’aumento dello sfruttamento e gli incidenti mortali sul lavoro.